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L’Ict è il settore anti-crisi

L’Ict è il settore anti-crisi

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Secondo una ricerca il comparto delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione risentirebbe meno del calo occupazionale. Quello che spesso non si trova tuttavia sono le figure adatte.

l lavoro arranca e la disoccupazione galoppa, disarcionando i consumi e alimentando così ulteriormente l’instabilità del sistema. Un modo per provare a uscire dal circolo vizioso è inventarsi nuove attività, un altro, almeno secondo i dati di Modis, società specializzata del Gruppo Adecco, è cercarla nel settore giusto: l’ICT.

Le posizioni ad alto tasso tecnologico nel nostro Paese sono oggi 15mila, di cui oltre la metà (52,8%) assumono la forma di contratti a tempo indeterminato, seguiti da un terzo a tempo determinato e dal 13% di apprendistato.

Il dato indica un saldo solo leggermente negativo rispetto all’anno precedente (-0,3%), con un risvolto tuttavia positivo per quanto riguarda igiovani, e cioè la categoria più penalizzata dalla congiuntura economica. Le assunzioni riguardano infatti per il 33,9% ragazzi tra i 25 e i 29 anni e per il 22,9% persone tra i 30 e i 44 anni. Quello che tiene in molti casi ancora a freno queste percentuali non sono tuttavia solo i tempi difficili.

Il 22% degli innesti risulta di complessa realizzazione e il tempo medio di reclutamento sfiora i 4 mesi.

Tre sono i principali ostacoli da superare: mancanza di professionalità richieste, richiesta superiore alla domanda e canali di contatto non sempre sufficientemente chiari. “In Italia, ma non solo, non riusciamo a soddisfare appieno l’offerta di lavoro in determinati settori, e l’ICT è uno di questi”, sottolinea anche Marco Taisch, professore ordinario presso il Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano. “Si tratta di un gap strutturale che da qualche anno a questa parte non riguarda solo i giovani, ma diverse fasce d’età”.

Se quello dell’età è infatti un trend fisiologico, inquadrabile in un naturale per quanto farraginoso percorso di ricambio generazionale, le motivazioni che portano una ventata di area fresca nel comparto dipendono più che altro da una serie di abilità nuove. Le conoscenze che fanno gola al mercato sono unite a doppio filo alla generazione dei Millennials (cioè i nati tra il 1980 e i primi anni 2000), così come a quella dei nativi digitali, dalla confidenza coi linguaggi di programmazione alla comprensione delledinamiche social.

L’ultimo anno ha fatto registrare un netto aumento nella richiesta dei laureati rispetto ai diplomati, con un passaggio dal 34% del 2013 al 39% nel 2014 per i lavoratori in possesso di un titolo universitario di secondo livello o post laurea. Una percentuale che sale addirittura al 57% se si considerano i lavoratori assunti con lauree di primo livello. “I nostri laureatisono di fatto in piena occupazione”, sottolinea ancora il Politecnico. I dati dell’ateneo dicono che a pochi mesi dalla laurea si raggiunge il 75% dell’occupazione e si sale al 90% dopo un anno. “Il divario tra le professionalità richieste e quelle disponibili sul mercato c’è, ma è una questione di quantità più che di qualità”.

Nel complesso il mondo ICT impiega soprattutto periti informatici, elettronici, ragionieri o comunque diplomanti (62%). Prendendo in esame le figure di esperti e professionisti la divisione tra diplomati (49,5%) e laureati (47,8%) è però meno netta. Tra questi ultimi, coloro che hanno seguito unpercorso accademico in materie tecniche sono i più ambiti. Il 71% ha una laurea in Ingegneria, il 16% a indirizzo economico, l’11% in area scientifico-fisico-matematica.

Le quote rosa sono invece in minoranza e la presenza femminile è limitata al 18%, contro lo schiacciante 82% dei colleghi uomini. Le donne spiccano in particolare nei ruoli legati alla programmazione o al web design, meno in quelli a carattere tecnico/sistemistico.

Per quanto riguarda infine la distribuzione geografica le cifre sono le seguenti: Nord 53%, Centro 24%, Sud 23%. Il grosso dei professionisti ICT si concentra in particolare in Lombardia, dove si trovano anche la maggior parte delle aziende del settore, ma non va dimenticato che un’ampia fetta della forza lavoro proviene dal Mezzogiorno. Da colmare resta semmai il digital divide. L’innovazione è un collante e una risorsa primaria, e l’unità d’Italia passa anche attraverso la capacità di usare, comprendere e sfruttare al meglio le nuove tecnologie.